A 22 anni dall'inizio dell'aggressione della NATO contro la Serbia (FRY)
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Zivadin Jovanovic, presidente del Forum di Belgrado per il mondo degli uguali
Il Forum di Belgrado per il mondo degli eguali, il Club dei generali e degli ammiragli della Serbia e altre organizzazioni indipendenti, apartitiche e senza scopo di lucro, ogni anno ricordano il 24 marzo, il giorno dell'inizio dell'aggressione della NATO, a partire dal 2000 fino ad oggi.
Lo fanno con cerimonie commemorative, conferenze nazionali e internazionali, posa di fiori al memoriale delle vittime dell'aggressione, resoconti dei media, ricordando ad amici e associati nel paese e all'estero di parteciparvi.
È una parte distinguibile delle attività commemorative della società serba e, più recentemente, dello stato della Serbia. Quest'anno lo abbiamo fatto rispettando le misure provocate dall'epidemia di Covid 19. Lo facciamo soprattutto per un senso di dovere morale nei confronti delle vittime umane, militari e di polizia, nonché dei civili, perché tutte quelle vittime innocenti sono cadute sul suolo del nostro Paese colpite dalle armi degli aggressori.
Durante l'aggressione stessa, sono morte da 3.500 a 4.000 persone, di cui oltre 1.100 soldati e agenti di polizia, altri erano civili, donne, bambini, lavoratori, professionisti della radio e della televisione, passeggeri dei treni e persone di colonne sfollate.
Oltre a tutte quelle persone che hanno perso la vita dopo la fine dell'aggressione armata, tra i circa 10.000 feriti, quante dalle rimanenti bombe a grappolo e soprattutto quante dalle conseguenze dell'utilizzo di proiettili di uranio impoverito e dall'avvelenamento da gas velenosi, provocato dai bombardamenti di raffinerie e impianti chimici, deve ancora essere determinato.
Ancora oggi li ricordiamo tutti, porgendogli il più profondo rispetto.
Crediamo che i giovani di oggi, così come tutte le generazioni future, ricorderanno queste vittime, consapevoli che è dovere morale della nazione, condizione per preservare la dignità e un futuro in pace.
La seconda ragione è che la verità si difende in questo modo e non lascia spazi vuoti a falsificazioni, bugie e sotterfugi, il cui obiettivo era e rimane quello di ridurre la responsabilità dell'aggressore e di dichiarare colpevole la vittima. Pertanto, dobbiamo dire in questa occasione che non si è trattato né di un intervento, né di una campagna aerea, né di una "piccola guerra in Kosovo", né di un bombardamento ma di un'aggressione armata, illegale, condotta senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, in violazione della Carta delle Nazioni Unite, il Documento finale dell'OSCE, i principi fondamentali del diritto internazionale, in particolare violando l'atto fondante della NATO dal 1949 e le costituzioni nazionali degli Stati membri. È stata la prima guerra sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale, contro un paese indipendente e sovrano che non ha attaccato o minacciato in altro modo la NATO o nessuno dei suoi membri. La NATO ha così inferto un duro colpo ai risultati della seconda guerra mondiale, agli accordi di Teheran, Yalta, Potsdam e Helsinki. L'aggressione alla Serbia (FRY) nel 1999, ha messo in pericolo i principi fondamentali delle relazioni internazionali e il sistema di sicurezza per il quale sono state uccise decine di milioni di vittime umane. L'aggressore voleva una guerra e non una soluzione pacifica e sostenibile in Kosovo e Metohija.
Una guerra che giustificherà l'esistenza della NATO anche dopo l'era della Guerra Fredda e investimenti ad alto budget in armamenti, cioè nel complesso militare-industriale, una guerra che in pratica dimostrerà la dottrina dell'espansione ad est e sarà un precedente per la globalizzazione e il ruolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
L'Europa ha inciampato fortemente accettando la partecipazione alla guerra contro se stessa. Il fatto che l'Europa non riesca ancora a rivolgersi a se stessa, ai suoi interessi e alla sua identità, che fa pressione sulla Serbia affinché riconosca il sequestro forzato di parte del suo territorio statale, per concordare con la revisione dell'Accordo di Dayton e la creazione di una BiH unitaria, a danno del popolo serbo, testimonia la preoccupazione di una sindrome del passato che non genera indipendenza, unità e sviluppo.
In terzo luogo, perché non sopportiamo il disfattismo e la tendenza dei media, il cosiddetto settore non governativo delle ONG e alcuni personaggi pubblici, che interpretano l'aggressione della NATO in un modo che diminuisce la responsabilità degli aggressori, suggerendo che la Serbia, in nome del presunto realismo e di un futuro migliore, dovrebbe mettere da parte il tema dell'aggressione e "liberare" il Kosovo e Metohija come un fardello che ne ostacola il progresso. Tuttavia, la responsabilità della NATO per l'aggressione e l'alleanza con l'UCK terrorista e separatista non può essere diminuita in alcun modo, né può essere trasferita come responsabilità alla Serbia. Sarebbe vergognoso per la Serbia e il popolo serbo, e molto dannoso per l'Europa e il futuro delle relazioni globali.
Sebbene orientata verso l'Europa, la Serbia non può, rinunciare al Kosovo e Metohija, una sua esistenza statale, culturale e spirituale, pagare il prezzo di stabilire l'unità disturbata dell'UE e della NATO, cioè gli obiettivi geopolitici dei loro membri chiave. Pertanto, siamo convinti che rimarrà permanentemente impegnata per una soluzione pacifica, giusta e sostenibile, in conformità con i principi fondamentali di pace, sicurezza e cooperazione, rispettando la sua Costituzione e la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La maggior parte dell'umanità ha capito che non ci sono popolazioni a cui far subire guerre umanitarie o guerre di protezione, che rivoluzioni colorate e missili da crociera non "esportano" democrazia e diritti umani, ma il dominio e gli interessi del capitalismo multinazionale liberale. Qualunque cosa si pensi della politica della forza e dell '"eccezionalità" data da Dio, la storia non può essere fermata, né l'unipolarismo riconcretizzarsi e rinascere.
In quarto luogo, siamo profondamente preoccupati per la costante escalation delle relazioni globali, la corsa agli armamenti, l'assenza di dialogo e l'approfondimento della sfiducia tra i principali attori delle relazioni europee e mondiali. L’additamento pubblico delle potenze nucleari e dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU come nemici, piani per creare "coalizioni democratiche" per affrontare "sistemi autoritari", esercitazioni militari generalizzate dall'Atlantico e dal Baltico all'Indo-Pacifico per "frenare" "influenze avverse", sono segni di grave deterioramento delle relazioni globali con conseguenze imprevedibili. Ciò non riguarda solo le grandi potenze, sebbene dipenda maggiormente da loro, ma ha anche un effetto negativo sulla posizione e sullo sviluppo di tutti i paesi del mondo, compresa la posizione della Serbia.
Perché, come la pace è indivisibile, così sono indivisibili anche i pericoli per la pace e la sicurezza. Pertanto, chiediamo dialogo e considerazione, fermando l'approfondimento della sfiducia, il rispetto dell'uguaglianza e il partenariato nella risoluzione di tutti i problemi internazionali.
Quinto, perché non vogliamo che la sofferenza, il sacrificio e la distruzione a cui è sopravvissuto il nostro popolo durante e dopo l'aggressione armata della NATO nel 1999, si replichino in qualsiasi momento, in nessuna parte del mondo. Il tragico destino dei bambini a Belgrado, Varvarin, Kosovska Mitrovica, Murine non deve ripetersi.
Traduzione e a cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia
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Overstatement from Davos 2017. |
Liberal corporative capitalism, for reasons of lowering traveling costs, proposed not to travel to history alone but packed togather with NATO, EU and unipollar World Order. Workers participation has good chances to step in provisionally, buying time for full scale workers selfmanagment. |