“L’eredità dell’aggressione Nato alla Serbia nel 1999 ci perseguita ancora”
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Conversazione con Živadin Jovanović, già ministro degli Esteri della Repubblica Federale di Jugoslavia (1998-2000), presidente di “Belgrade Forum for a World of Equals”.
a cura di Maurizio Vezzosi
LIMES Ricordando i bombardamenti della Nato nel 1999, qualche tempo fa il presidente della Serbia Aleksandar Vučić ha ribadito che il suo paese non aderirà all’Alleanza Atlantica. Che cosa ne pensa?
JOVANOVIĆ In primo luogo, circa l’80% della popolazione serba è fermamente contrario all’entrata nella Nato. È difficile immaginare che un qualsiasi governo democratico possa ignorare questo fatto. In secondo luogo, la Serbia non ha mai fatto parte di alcuna alleanza militare e non ha mai tentato di appropriarsi di risorse o di territori di altri paesi. In terzo luogo, nel 1999 la Nato si è resa responsabile di un’aggressione illecita ai danni della Serbia e del Montenegro, della morte di migliaia di persone innocenti, dell’uso di munizioni ed esplosivi contenenti uranio impoverito e di altri mezzi di distruzione di massa: i danni causati dalla Nato in Serbia vengono stimati in circa 100 miliardi di dollari.
Conseguentemente, aderire alla Nato per la Serbia equivarrebbe a umiliare le vittime e amnistiare coloro che si sono resi responsabili di crimini contro la pace e l’umanità. La Nato persegue una strategia di espansione verso est e sta intensificando lo scontro con la Russia: al contrario in Serbia si crede nel superamento di questa contrapposizione e nella necessità della cooperazione tra Mosca e l’Unione Europea. Per questo ritengo che l’apertura, la neutralità attiva, una politica estera bilanciata e la cooperazione win-win rappresentino la migliore opzione per la Serbia.
LIMES Qual è il lascito odierno dei bombardamenti sull’ex Jugoslavia?
JOVANOVIĆ È un lascito vergognoso di illegalità, di manipolazioni, distruzione e di uccisione di persone innocenti. Da difensiva, la Nato divenne un’alleanza offensiva, stracciando la Carta delle Nazioni Unite, il documento di Helsinki, l’atto istitutivo del 1949, le Costituzioni di alcuni paesi membri, il ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma è un lascito vergognoso anche per gli alleati che nel 1999 parteciparono all’aggressione della Serbia. Questa macchia può essere rimossa soltanto ammettendo che a condurre la criminale aggressione è stata la disastrosa e immorale politica Clinton/Albright/Blair: un’aggressione che non fu “una piccola guerra in Kosovo”, ma un punto di svolta nelle relazioni globali e un passo decisivo verso la distruzione dell’assetto internazionale emerso dopo la seconda guerra mondiale.
A ciò hanno fatto seguito nuove guerre, milioni di morti, feriti e rifugiati, nuove basi militari, spaventose divisioni nazionali e globali, sfiducia, scontri, diffusione del terrorismo e del separatismo: tutto ciò ha reso incerto il futuro della civiltà. È forse questo quello che aspettavamo dopo la caduta del muro di Berlino?
Vent’anni dopo quei fatti, la maggior parte – se non la totalità – dei Balcani è composta da diversi Stati-marionetta al servizio della Nato e delle multinazionali occidentali. Le nazioni sono più divise e la regione risulta nel suo insieme sottosviluppata e sopraffatta dalle tensioni. Il commercio, l’industria, le banche, la produzione alimentare, i servizi prima sotto controllo dello stato jugoslavo durante la corsa alle privatizzazioni sono passati nelle mani delle multinazionali e di un manipolo di magnati locali. Dal 2000, dalle casse dello Stato serbo sono stati sottratti circa 40 miliardi di dollari dalle banche occidentali. Nella Serbia centrale centinaia di migliaia di rifugiati vivono ancora nella miseria, senza la possibilità di fare ritorno in modo sicuro nelle proprie case in Croazia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Metochia. Questo è il vero volto della democrazia e dell’umanesimo d’Occidente.
LIMES Gli scontri di qualche settimana fa a Mitrovica hanno ricordato al mondo che il problema del Kosovo e della Metochia è tutt’altro che risolto. Secondo lei come bisognerebbe affrontarlo?
JOVANOVIĆ Una soluzione sostenibile e bilanciata sarà tale solo se l’Occidente riconoscerà i propri errori, come il sostegno ai gruppi terroristici in Kosovo e Metochia. Chi può affermare che l’ospitalità e il supporto offerto dalla Germania al “governo in esilio del Kosovo”di Buiar Bukoshi (1980-2000) fu l’esempio di una politica basata sul diritto internazionale volta alla pace e alla stabilità? Avrebbe potuto avere luogo la proclamazione della secessione illegale del Kosovo se l’aggressione della Nato del 1999
non avesse sostenuto i terroristi dell’Uçk [Ushtria Çlirimtare e Kosovës, esercito di liberazione del Kosovo, n.d.a.] e permesso loro di occupare una provincia serba?
Per una soluzione stabile e pacifica, è necessario rispettare i principi fondamentali del diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite, il documento di Helsinki, la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Quest’ultima garantisce un’ampia autonomia alla provincia del Kosovo nella cornice della sovranità e dell’integrità territoriale della Serbia. E prevede il ritorno nella provincia di un numero specifico di forze militari di polizia dello Stato serbo e quello di tutti i rifugiati (circa 250 mila tra serbi e altre nazionalità non albanesi) alle loro case. Per il momento non è stata attuata nessuna di queste disposizioni.
Il problema è che le potenze occidentali hanno provato a imporre uno scambio: la Serbia dovrebbe riconoscere la secessione unilaterale del Kosovo per poter accedere all’Unione Europea in un futuro non precisato. Questo è un miope ragionamento mercantilistico che trascura ogni principio del diritto internazionale. Ciò a cui sono interessate le principali potenze occidentali è una “soluzione su misura”rispetto ai loro interessi geopolitici: espansione ad est e scontro con Cina e Russia. Si vorrebbe persuadere la Serbia a firmare un “documento comprensivo legalmente vincolante”, così da rendere virtualmente leciti passaggi in realtà unilaterali e illegali. Di conseguenza, i cinque membri dell’Ue che attualmente non riconoscono il Kosovo (Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro) non avrebbero più paura di fissare un precedente. Naturalmente le loro speranze sono vane. La Serbia non accetterà questo patto.
LIMES Come valuta il negoziato sul Kosovo e sulla Metochia promosso da Bruxelles?
JOVANOVIĆ È una formula inappropriata che non può produrre una soluzione bilanciata e sostenibile perché il tavolo di Bruxelles include solo paesi e organismi che hanno supportato la secessione del Kosovo, escludendo invece Stati e organizzazioni – comprese le Nazioni Unite – che hanno sostenuto la sovranità della Serbia, in nome del diritto internazionale. Se già nel 1999 Russia e Cina erano membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è possibile oggi escluderle dalla trattativa di Bruxelles?
Il precedente del Kosovo sta già avendo i suoi effetti: il caso catalano è solo quello più visibile. Gli altri, sfortunatamente, attendono il loro turno. E aver minacciato la Serbia non li fermerà.
Che ricadute avrà il nulla osta all’ingresso della Macedonia – oggi Macedonia del Nord – nell’Alleanza Atlantica? Considerando le tendenze separatiste e le idee che riguardano la creazione di una Grande Albania, credo che il governo di Skopje confidi in un più rapido accesso all’Ue e nel fatto che l’adesione alla Nato garantisca la sua sovranità e integrità territoriale. Belgrado mantiene una politica di apertura, di buon vicinato e di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Macedonia del Nord. Le relazioni con la Serbia sono tradizionalmente buone e credo che continueranno a esserlo anche dopo che Skopje avrà ottenuto formalmente lo status di membro della Nato.
LIMES In che modo gli islamismi influiscono sugli equilibri della regione?
JOVANOVIĆ Il radicalismo islamico nei Balcani occidentali fa parte del lascito della guerra civile che si è combattuta in Bosnia- Erzegovina nel 1992-95. In quel periodo, alcuni paesi occidentali che sostenevano la fazione islamica hanno organizzato, armato e fatto arrivare dalla Cecenia, dall’Afghanistan, dal Pakistan e da altri luoghi migliaia di jihadisti per rafforzare le milizie di Alija Izetbegovič. In seguito molti di loro non solo sono rimasti nella regione, ma continuano a propagandare dottrine estremistiche e a porre sotto il loro controllo zone in cui di fatto vige la sharia. In Bosnia-Erzegovina luoghi come Gornja Maoca, Stijena sono controllati dei gruppi wahhabiti. Cresce l’estremismo finanziato dall’estero: il Kosovo, la Metochia e la Bosnia-Erzegovina sono centri di reclutamento dello Stato Islamico.
Carta di Laura Canali, 2018.
LIMES La Bosnia-Erzegovina, insieme al Kosovo, è oggi uno dei punti più problematici dell’intera area balcanica. Esiste la possibilità di un nuovo conflitto?
JOVANOVIĆ Secondo diverse fonti da vari paesi del Golfo arrivano ingenti somme di denaro con lo scopo di rafforzare il movimento wahhabita. Il problema dell’emigrazione di massa dall’Africa e dal Medio Oriente viene sfruttato anche per la crescita dell’estremismo religioso. In Bosnia-Erzegovina, il problema fondamentale riguarda la necessità di rivedere gli accordi di pace Dayton (1995) in modo da garantire il rispetto dell’ordine costituzionale sulla base dell’equità tra le due entità – la Repubblica Srpska e la Federazione di Bosnia ed Erzegovina. E fra le tre nazioni costituenti: serbi, bosgnacchi, croati. C’è infatti un’intenzione abbastanza chiara delle potenze occidentali di costituire uno Stato dominato dai bosgnacchi, nonostante proprio il tentativo di imporre la dominazione bosgnacca perpetrato da Alija Izetbegovič sia stato il fattore scatenante della sanguinosa guerra civile.
LIMES In che modo Russia e Cina influenzano e sono destinate a influenzare i Balcani?
JOVANOVIĆ La Serbia ha una lunga tradizione di relazioni di amicizia e vicinanza con Mosca e Pechino. Il profondo rispetto e la fiducia reciproca hanno permesso a Belgrado di firmare documenti di intesa strategica con entrambe. Né la Russia né la Cina hanno mai sostenuto una guerra contro la Serbia. E nel momento in cui essa è stata minacciata, attaccata o sotto sanzioni l’hanno sempre appoggiata, come nel caso del riconoscimento della sovranità serba sul Kosovo e sulla Metochia.
La Russia è il principale paese estero legato al settore energetico serbo, alla modernizzazione delle infrastrutture e al miglioramento del settore nucleare per scopi pacifici: tra i due paesi sono stati aboliti i dazi e i visti. La Russia è inoltre un importatore fondamentale di prodotti agricoli serbi. La cooperazione tocca anche l’ambito militare. Belgrado non partecipa alle ingiuste e controproducenti sanzioni imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.
La cooperazione con la Cina sta crescendo nel più dinamico dei modi, comprendendo i settori infrastrutturale, industriale, minerario, energetico, finanziario e turistico. Belgrado è stata fra le prime capitali al mondo ad aver firmato il protocollo d’intesa del progetto Belt and Road Initiative lanciato dal presidente cinese Xi Jinping. In Serbia, il coinvolgimento economico cinese vale circa 10 miliardi di dollari.
LIMES In prospettiva, quale ruolo a suo avviso può svolgere l’Italia nei Balcani?
JOVANOVIĆ Essendo un paese mediterraneo e adriatico molto avanzato, l’Italia è stata tradizionalmente un partner fondamentale per la Serbia e per la regione in generale. Conosce e ha un’importante esperienza dei bisogni, dei problemi e delle potenzialità dell’area. Per questo Roma può efficacemente rinnovare ed espandere la cooperazione con la Serbia soprattutto con gli investimenti nella piccola e media impresa, con l’industria e con il trasferimento di tecnologie moderne.
Adesso che entrambi abbiamo formalmente aderito alla Belt and Road Initiative, potrebbe esserci una convenienza reciproca nello scambio di idee ed esperienze con l’obiettivo di promuovere le opportunità che il progetto offre all’Europa, come la possibilità di superare dubbi e fraintendimenti geopolitici.
Essendo uno dei principali membri del G7, del G20, dell’Unione Europea, l’Italia può aiutare a insegnare ad altri le lezioni del passato, per una migliore comprensione della realtà balcanica, in particolare rispetto ai crescenti pericoli del separatismo, della messa in discussione dei confini, dell’estremismo islamico e del terrorismo. Ripetere gli errori del passato sarebbe fatale, ancora una volta. Non solo per i Balcani.
LIMES Quali possono essere le ricadute nei Balcani della crescente contrapposizione tra Stati Uniti e Germania?
JOVANOVIĆ Il problema è più ampio dell’attuale rapporto tra Stati Uniti e Germania. Gran parte del mondo ha non solo accettato una configurazione multipolare, ma sta lavorando attivamente per la democratizzazione delle relazioni internazionali e per un assetto mondiale basato sull’uguaglianza sovrana di tutti i paesi. Alcuni paesi occidentali convengono verbalmente che il pianeta sia diventato multipolare, ma in realtà continuano a praticare un dominio piramidale. Alcuni paesi non sono pronti a condividere certi privilegi e si stanno apparentemente preparando all’uso della forza militare, anche atomica, per fermare le nuove tendenze globali più inclusive e più democratiche.
A mio avviso, l’Europa – Germania compresa – ha seguito a lungo le politiche delle amministrazioni americane. La partecipazione all’aggressione del 1999 contro la Jugoslavia fu un errore colossale. Da allora, l’Europa ha continuato a cadere in basso, perdendo la propria identità e il rispetto di sé stessa. Non sorprende che al momento Washington minacci apertamente di sanzionare chiunque sia coinvolto nel progetto di costruzione del gasdotto Nord Stream 2 o del South Stream. O che Washington espanda il proprio commercio con la Russia mentre l’Europa mantiene le sanzioni introdotte dagli stessi Stati Uniti! La competizione geopolitica tra Germania e Stati Uniti non è mai stata un bene per i popoli dei Balcani. Il sostegno del terrorismo e del separatismo e l’uso di questi per fini geopolitici hanno avuto conseguenze tragiche per la Serbia che hanno creato instabilità per tutta l’Europa. La mia proposta è di estendere la cooperazione tra Europa, Stati Uniti, Russia e Cina. Nessuno di questi attori ha un reale interesse nel proseguire sulla rotta della troika Clinton/Albright/Blair o nell’accettare il loro come un esempio di democrazia o civiltà.
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Overstatement from Davos 2017. |
Liberal corporative capitalism, for reasons of lowering traveling costs, proposed not to travel to history alone but packed togather with NATO, EU and unipollar World Order. Workers participation has good chances to step in provisionally, buying time for full scale workers selfmanagment. |