KOSOVO AND METOHIJA. ITORNO ALLA RISOLUZIONE 1244 DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELLE NAZIONI UNITE
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di Živadin Jovanovic, giugno 2018
E' stato detto che il conflitto sospeso tra Kosovo e Metohija non è favorevole agli interessi della Serbia, ma nessuno fa notare che la Serbia rischia di perdere ancora di più se i negoziati sotto gli auspici dell'UE continueranno con gli stessi schemi e tendenze. A giudicare dalla situazione attuale in cui la Serbia ha solo fatto concessioni e la cricca di Prishtina ha praticamente ottenuto il controllo su tutta la provincia, la Serbia potrebbe finire per rinunciare definitivamente a tutti i suoi diritti e interessi senza ricevere nulla in cambio. Tranne le promesse di adesione all'UE entro il 2027 come anno "indicativo"! Raramente si sente dire che un accordo UE / USA del tipo "territorio (del Kosovo e Metohija) in cambio dell'adesione all'UE" sarebbe illegale, contrario alla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza, alla Carta delle Nazioni Unite, al Documento Finale dell'OSCE ed alla Costituzione della Serbia. In linea di principio sarebbe inaccettabile perché il territorio dello Stato, l'identità nazionale e la dignità non possono essere usati come merce di scambio.
La semplice idea di barattare Kosovo e Metohija per ottenere l'adesione all'UE è un'indicazione di un netto declino della consapevolezza del concetto di identità nazionale, della dignità, degli interessi dello stato, dell'autostima nazionale e statale. Il fatto che, oltre alla cosiddetta élite politica, una parte dell'élite intellettuale serba, i "colti", e persino certe istituzioni nazionali, considerino anche il Kosovo e la Metohija un "cappio" di cui la Serbia dovrebbe prontamente sbarazzarsi, apparentemente per iniziare un ampio progresso economico e sociale, equivale addirittura a condividere il messaggio ambiguo che l'importanza del principio territoriale stia calando, che sia la Serbia che il Kosovo finirebbero comunque all'interno della “Comunità Europea", che le prospettive di una vita migliore siano più importanti di ogni altro valore, che la Serbia appartenga per natura all'integrazione euro-atlantica, che la politica di tenere il piede in due scarpe sia insostenibile, eccetera.
Qualunque cosa accada, dall'assassinio di Oliver Ivanovići (1) e dal linciaggio pubblico di Marko Đurićii (2), alle dichiarazioni dei leader di Priština sul "Kosovo orientale" o sul Kosovo fino a Niš, alle piattaforme di "reciproco riconoscimento", ai fucili della battaglia di Košare, Belgrado ripete la solita storia che il dialogo e l'ombrello dell'UE non hanno alternative, che tutto è come al solito, come se nel frattempo non fosse accaduto o cambiato nulla. È tattica? Sicurezza? Saggezza? Responsabilità? Esperienza? Preveggenza? Forza? Combinazione vincente? Un consiglio di amici o di "amici"?
La domanda da porsi è se qualsiasi accordo razionale con gli ex leader del terrorista KLA (Kosovo Liberation Army, Esercito di Liberazione del Kosovo) trasformati in politicanti sia possibile, anche a prescindere dal fatto che questi siano nelle liste dei ricercati e che godano del sostegno dei loro sponsor nella NATO e nell'UE? Sapendo che compaiono veramente nei mandati di cattura dell'Interpol e che godono del sostegno di amici "eccezionali" ...
La realtà è trattata in modo selettivo, come se fosse fatta solo da debiti, obblighi e restrizioni, come se la Serbia fosse uno stato senza radici, senza storia, diritti universali o appartenenze a varie organizzazioni internazionali, senza amici, e come se dipendesse esclusivamente dalla pietà dei singoli membri dell'UE e della NATO! La legalità ed i principi sono messi a tacere, come se entrambi fossero vantaggi dell' "altra parte" a cui non si dovrebbe ricordare altri argomenti a sostegno del proprio caso.
Nell'affrontare la questione Kosovo-Metohija non si dice nulla sul totale predominio degli approcci geopolitici e sugli interessi dei principali paesi occidentali. Non c'è il minimo sforzo di analizzare l'impatto delle nuove tendenze in Europa e nelle relazioni globali sulla posizione internazionale della Serbia e sulla sua capacità negoziale. Inoltre, c'è una netta resistenza, una strana avversione alla necessità di adattare tattiche e politiche negoziali alle realtà mutate. L'impressione è che siamo continuamente, giorno dopo giorno, nella macina di quegli stessi meccanismi neocoloniali di devastazione, lavaggio del cervello e sottomissione, disinteressati a cambiare qualsiasi cosa tranne che nel seguire lealmente gli "incoraggiamenti" dei commissari di turno che sono "nel miglior interesse per il futuro della Serbia ".
Nessuno accenna alla verità secondo cui per i principali paesi occidentali ai quali, sotto il formato negoziale di Bruxelles, la Serbia ha effettivamente ceduto nella scelta dello status di Kosovo e Metohija, l'unica soluzione accettabile è quella di stare dalla loro parte nel confronto con Russia e Cina. Questo va contro gli interessi vitali della Serbia. L'esperienza finora acquisita conferma che il quadro negoziale di Bruxelles esclude i principi di legalità, equilibrio, giustizia e sostenibilità, impedendo così alla Serbia di proteggere i suoi diritti e interessi legittimi, in particolare quelli derivanti dalla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Certe parti dell'élite serba sono già "collegate in rete" al sistema corporativo multinazionale liberale occidentale, legando i propri privilegi ed il proprio futuro agli interessi di questo sistema neocoloniale, indipendentemente dal prezzo che deve essere pagato dallo stato e dalla nazione in termini di perdita di indipendenza, identità e, in definitiva, di territorio. Parti della società che si definiscono elite acquisiscono sostanziali privilegi materiali partecipando a progetti generosamente finanziati da fonti UE e NATO, in attività del cosiddetto settore civile (ONG), varie task forces, forum, centri, convegni, associazioni e simili. Quindi, è logico che le politiche che propongono pubblicamente, compreso il cosiddetto dialogo interno su Kosovo e Metohija, siano conformi e corrispondano alle aspettative ed agli interessi dei centri di potere che finanziano le loro operazioni. La loro interpretazione degli interessi nazionali e statali e le dichiarazioni pubbliche che implicano più o meno apertamente che la Serbia dovrebbe riconoscere il Kosovo e Metohija come uno stato indipendente, sono il risultato diretto del loro interesse a preservare i propri privilegi. Il loro ruolo assegnato è quello di persuadere il pubblico che "una vita migliore" dipende dall'approvare le "dolorose" decisioni pragmatiche delle autorità.
Ci dicono del valore del Primo Accordo di Bruxelles sui Principi per la Normalizzazione e le sue disposizioni sulla Comunità dei Comuni serbi. In questa narrazione, detto Accordo è paragonato all'Accordo Dayton-Parigi, il che è, per usare un eufemismo, un'esagerazione (non l'unica). Anche dopo che ci siamo resi conto che nel 2013 la Serbia è stata indotta a firmare ciò che, cinque anni dopo, si è rivelata una frode, continua senza sosta il tentativo di convincere il pubblico della necessità di firmare un nuovo "documento legalmente completo"!
Ci dicono che dobbiamo salvare la nostra gente in Kosovo e Metohija. E' vero, certamente. Ma lasciamo da parte, per un momento, la domanda se siamo d'accordo che il popolo serbo in Kosovo e Metohija sia ostaggio dell'arbitrarietà della leadership di Pristina (e dei loro mentori), dal momento che il solo modo per proteggerli consiste in ritirate senza fine e nel soddisfare ogni piccolo capriccio di quella leadership; tuttavia, c'è una domanda ancora senza risposta : perché sul diritto di 250.000 Serbi espulsi e altri non albanesi di tornare liberi, sicuri e dignitosi alle loro case ed alle loro proprietà nella Provincia, c'è stato un totale silenzio per così tanto tempo? Chi e perché ritiene strano insistere nel negoziare su questo vitale, prioritario interesse della Serbia e del popolo Serbo? Di tanto in tanto, viene sussurrata una "spiegazione" del fatto che il problema è stato sollevato, ma che "l'altra parte" si è rifiutata di discuterne. Ma che genere di argomento è questo? Qual è la portata e l'elenco dei problemi che dovremmo risolvere per mantenere l'etichetta di Europei flessibili, tolleranti, responsabili, saggi, coraggiosi e prevedibili?! Significa forse che la Serbia è obbligata a negoziare solo le questioni che interessano "l'altra parte"? Che tipo di futuro è quello per cui la Serbia deve permettere la pulizia etnica di un numero importante di propri cittadini dal Kosovo e Metohija? Con chi e per conto di quali "valori comuni" la Serbia deve negoziare, visto che né l'UE, né gli USA, la Germania, la Francia, l'Italia, l'EULEX, l'UNMIK, la KFOR, la NATO, l'OSCE vogliono rispettare questo obbligo nei confronti della nazione Serba? Si spera che nessuno faccia obiezioni "convincenti" come il numero da definire di persone interessate al ritorno, o la questione di risorse finanziarie limitate, eccetera.
È stato detto che gli obiettivi più importanti della Serbia nei negoziati facilitati dall'UE sono la pace, la stabilità e lo sviluppo. Non è stato detto che la pace seguita all'aggressione della NATO contro la Serbia (la RFJ) del 1999 non è stata siglata nei negoziati con l'UE, ma nei negoziati che coinvolgono la Repubblica Federale di Jugoslavia, gli Stati Uniti, la Federazione Russa, l'UE, il G-8, e cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le condizioni e le congetture di pace sono state confermate dall'UNSCR 1244. Non è mai stato ricordato che le basi della pace costituiscono l'Accordo Milosevic-Ahtisari-Chernomyrdin del 3 giugno, l'Accordo Tecnico-Militare del 9 giugno e la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999.
Nulla è detto del fatto che, insieme, questi documenti reciprocamente integrati costituiscono una base per la pace sostenibile, la stabilità e lo sviluppo nella regione e in Europa; nulla è detto del fatto che non esistono e non possono esistere documenti multilaterali, bilaterali o di altro tipo che prevalgano giuridicamente o politicamente sulla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; nulla è detto del fatto che in nessun modo la Serbia possa rinunciare alla risoluzione 1244 dell'UNSCR, che sia volontariamente o con la forza.
Nessuno osa far notare che intralciare, ignorare o rinunciare alla risoluzione 1244 dell'UNSCR equivale a rinunciare alla pace e alla stabilità in Europa. La soluzione per il Kosovo e Metohija, che l'Occidente desidera è quella che serve esclusivamente al suo confronto con la Russia. Nessuna altra soluzione sarebbe accettabile per l'Occidente.
Questo è il motivo per cui la Serbia deve presentare una richiesta di piena attuazione della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite senza indugio, perché questa è l'unica strada in grado di fornire una soluzione legittima, valida e giusta che serva gli interessi della pace, della stabilità e dello sviluppo sostenibile.
1) Politico Serbo del Kosovo e Metohija, ucciso il 16 gennaio 2018, a Kosovska Mitrovica, nel nord del Kosovo
2) Direttore della Direzione Governativa per il Kosovo e Metohija
Traduzione dal Serbo: Branislava Mitrovic
Traduzione in italiano di Giorgio F. per Forum Belgrado Italia/ CIVG
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Overstatement from Davos 2017. |
Liberal corporative capitalism, for reasons of lowering traveling costs, proposed not to travel to history alone but packed togather with NATO, EU and unipollar World Order. Workers participation has good chances to step in provisionally, buying time for full scale workers selfmanagment. |